venerdì 21 giugno 2013

C'è poco da festeggiare



Ieri mattina, all'incontro convocato dalla Direzione Iper, ci siamo presentati solo con un nostro delegato anziché come solitamente con la nostra componente Usb al completo.

Abbiamo preso questa decisione perché riteniamo irrispettoso l'atteggiamento delle Relazioni sindacali, le quali ci stanno negando un incontro che stiamo chiedendo da due settimane, ossia dopo l'uscita dell'intervista rilasciata al quotidiano Il Tirreno dal Presidente Lami lo scorso 5 giugno.
Mentre centinaia di part-time dell'Iper aspettano da anni (10 per la precisione, "festeggiati" proprio l’altro ieri) di avere contratti migliori, anche eventualmente spostandosi nei negozi dei comuni limitrofi, in tale intervista l'azienda parla di 160 nuove assunzioni nella provincia di Livorno, presentandosi come la Coop buona che "dà lavoro", ma senza specificare che stanno semplicemente creando altri precari ex novo (assumendoli con le agenzie interinali...) che chissà se, con quali modalità e fra quanti anni verranno stabilizzati, come dimostra il caso delle 4 ragazze precarie da anni che ad oggi sono senza lavoro perché è da troppo tempo che vanno avanti a contratti a termine e se lavorassero ancora poi dovrebbero essere assunte (sì, avete letto bene, è l'ufficializzazione del lavoro usa e getta: ti tengo precaria per anni e poi quando ti stai avvicinando troppo ai 36 mesi non ti faccio più lavorare). Oltretutto in quell’intervista dicono di aver privilegiato chi aveva già lavorato in Coop, ma questi casi dimostrano che non è così, visto che stanno utilizzando un meccanismo diabolico per il quale lavora chi ha meno anzianità, oltre che come detto creare addirittura nuovi precari.

Di queste cose (ma anche del futuro di noi lavoratori in vista delle nuove aperture di negozi Coop nella città di Livorno) avremmo voluto parlare con l'apposito ufficio di Vignale, e in particolare con la figura che ci fu presentata come quella che doveva fare da tramite fra i negozi e la sede per le questioni sindacali, ma nonostante i nostri sforzi, ad oggi non è stato possibile. Probabilmente il motivo è da ricercare nel fatto che è ancora in vigore l'apartheid sindacale da parte di Unicoop Tirreno nei confronti di Usb: con noi non ci parlano. Un'azienda normale dovrebbe parlare con i suoi dipendenti anche se uno solo di questi glielo chiedesse, la nostra azienda invece non parla con una organizzazione che di suoi dipendenti ne rappresenta centinaia. Difficile da comprendere e da digerire, ma purtroppo oggi è così. E se l'azienda non vuole parlare con Usb di cose così importanti, perché noi dovremmo scattare e metterci sull'attenti nel momento in cui viene convocata la Rsu dell'Iper (in quanto delegati Rsu ci parlano perché non possono fare altrimenti, in quanto delegati Usb no...)? Magari per parlare di quelle decine di estensioni orarie ai part-time che ci spettavano per 5 mesi e invece ora dobbiamo elemosinare mese per mese? No, noi non ci facciamo prendere in giro, anche se comunque ci siamo presentati con un delegato per rispetto al nostro ruolo di rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici.

Sono anni che lottiamo contro le diverse forme di precarietà usate dalla nostra azienda, che siano queste legate ai contratti part-time (orizzontali, verticali o annui) o ai contratti a termine, ma ogni volta Unicoop Tirreno ripete scelte che noi non condividiamo minimamente, continuando ad alimentare dei serbatoi di lavoro instabile (e quindi ricattabile) che servono solo a tenere basso quello che loro chiamano "costo del lavoro". In pratica, anziché dare una risposta alle situazioni suddette, decidono di creare ulteriori precari interinali, e il bello è che di questa voglia di sfornare ancora più precari se ne vantano pure sui giornali.

Continueremo ad attendere fiduciosi (nonostante tutto, vogliamo continuare ad avere speranza) di essere ricevuti dall'azienda nei prossimi giorni. Almeno di essere ascoltati, riteniamo di averne diritto.

Rsu Usb

21 giugno 2013

sabato 1 giugno 2013

L'accordo della vergogna


Ad una prima sommaria lettura il Patto sulla Rappresentanza nei luoghi di lavoro (in allegato) sottoscritto ieri a tarda sera tra Confindustria e CGIL CISL e UIL non si discosta dalle anticipazioni già circolate e che molto allarme avevano già giustamente sollevato nelle settimane scorse, tanto da indurre il Forum Diritti/Lavoro a convocare una prima Assemblea pubblica di discussione sulla questione. La definizione di "governissimo sindacale", utilizzata da molti per definire questo Patto che va ben oltre la definizione di criteri di verifica della rappresentanza sindacale, e' assolutamente adatta a definire la volontà delle parti sottoscrittrici di escludere qualsiasi altro soggetto dalla rappresentanza del mondo del lavoro e di costituire un blocco di potere da proteggere da ogni eventuale incursione del conflitto, mettendo assieme in una innaturale alleanza padroni/lavoratori in un  "Patto tra i produttori" utile solo a garantire pace sociale di fronte ai sempre più avanzati processi di riorganizzazione produttiva.
Sul piano pratico si stabilisce che possano partecipare alla contrattazione nazionale di categoria solo quelle organizzazioni, aderenti alle confederazioni firmatarie dell'accordo -che diventa pertanto il primo ostacolo da superare: o sottoscrivi o neanche partecipi - che abbiano almeno il 5% degli iscritti e il 5% dei voti alle RSU. Sembrerebbe la fotocopia della normativa già esistente nel pubblico impiego ma non è così. Infatti nel settore privato non a tutte le organizzazioni sindacali e' consentito ottenere dalle aziende il diritto alle ritenute sindacali in busta paga, essendo questo privilegio riservato, dopo i disastrosi Referendum del 1995, alle sole organizzazioni sindacali firmatarie di CCNL applicati in azienda. Quindi ad esempio la USB e' fuori dalla possibilità di far pesare le adesioni alla propria organizzazione sindacale in quanto ai nostri iscritti non vengono operate le ritenute sindacali in busta paga ma siamo costretti ad operare il tesseramento attraverso strumenti non riconosciuti dall'accordo. In tal caso la USB per dimostrare di avere il 5% medio tra iscritti e voti dovrebbe ottenere il 10% dei voti perché impossibilitata a far valere i propri iscritti che non possono essere certificati dalle aziende all'INPS, ente che sembrerebbe deputato alla raccolta dei dati, in quanto non operate dalle stesse e comunque non rientranti nella categorie "ritenute sindacali" che è la dizione precisa utilizzata nell'accordo.
Il tratto centrale dell'accordo riguarda però "l'esigibilità degli accordi". I sottoscrittori hanno individuato una formula che impedisce a chiunque di mettere in discussione gli accordi sottoscritti dal 50% +1 delle organizzazioni ammesse alle trattative e validate  dal 50%+1 dei lavoratori interessati. Quale sarà lo strumento attraverso cui si farà la verifica del gradimento dell'accordo e' demandato alle categorie (sic!). Le sanzioni e le clausole che riguarderanno questo punto ( per semplificare, le punizioni per chi oserà contestare l'accordo) saranno anch'esse stabilite sul piano delle categorie, probabilmente commisurate al tasso di conflitto che ogni categoria esprime, più pesanti ad esempio nei trasporti e meno nei tessili e così via. Ogni organizzazione firmataria del Patto dovrà garantire il pieno rispetto di tutti i suoi contenuti e quindi qualunque organizzazione sindacale abbia intenzione di partecipare alle RSU, e per farlo dovrà sottoscrivere l'accordo, acconsentirà automaticamente all'auto limitazione della propria autonomia di giudizio sull'accordo raggiunto e quindi ad intraprendere eventuali iniziative di lotta per contrastarlo, pena l'applicazione delle sanzioni stabilite dalle categorie (ovviamente di CGIL CISL e UIL).
È altamente probabile che questo continuo rimando alle categorie sia il tributo che la CGIL ha dovuto pagare per avere il placet anche della FIOM che condividendo alla fine questo orrendo accordo, si garantisce il rientro in pompa magna tra gli attori sindacali "graditi" ai padroni e volta pagina rispetto al tanto sbandierato conflitto, molto spesso evocato, quasi sempre affidato alla magistratura.
È evidente che questo accordo cerca di evitare che sia una legge a stabilire regole certe per tutti, non scritte "pro domo sua" da chi ha tutto l'interesse a garantirsi ancora e per sempre il monopolio della rappresentanza sindacale, per definire un quadro che rispetti la Costituzione italiana e le sue previsioni in tema di libertà sindacale.
La cosa più grave e' che questo accordo prescinde totalmente dal concetto delle garanzie e delle libertà democratiche per le lavoratrici e i lavoratori nei luoghi di lavoro e ancora una volta affronta il problema delle regole della rappresentanza unicamente dal punto di vista delle organizzazioni. Lo tsunami che ha travolto la politica evidentemente non è stato sufficiente a far capire a Camusso, Angeletti, Bonanni, Landini e Squinzi che non è più tollerabile la privatizzazione della democrazia e della rappresentanza, sia essa politica o sindacale.
Toccherà alle lavoratrici e ai lavoratori ricordarglielo dando vita anche nella sfera del mondo del lavoro ad una vera e propria rivolta.

USB - Unione Sindacale di Base

1 giugno 2013