Con
le seguenti osservazioni vogliamo condividere con i colleghi la nostra
valutazione sull’argomento delle analisi anti droga/alcool per chi guida alcuni
mezzi elettrici nei magazzini. Purtroppo non è stato possibile discutere con
l’azienda di questi aspetti che riportiamo qui sotto perché ci è stato negato
un incontro (da noi richiesto a gran voce fino all’ultimo momento) in cui i
rappresentanti dei lavoratori potessero esprimere, prima delle riunioni
dell’azienda e del medico direttamente con i dipendenti coinvolti, le proprie
posizioni e soprattutto giungere a modalità condivise per la gestione di questo
tema.
Una legge ingiusta e
non tutelante per i lavoratori
La
legge che obbliga determinate categorie di lavoratori a sottoporsi a queste
analisi è ipocrita oltre che ingiusta, per diversi motivi, riconducibili a uno:
punta a mettere sotto controllo non (come sarebbe eventualmente comprensibile)
l’integrità psicofisica del lavoratore nel
momento in cui sta lavorando, ma lo stile di vita dello stesso
dipendente anche al di fuori del luogo
di lavoro, nel proprio tempo libero, lontano dalla guida e dalle altre mansioni
considerate. Una inaccettabile violazione della privacy e della libertà
personale. Il metodo scelto è infatti quello delle analisi preventive a cadenza periodica, con le quali non si
verifica che il lavoratore sia sano durante la sua prestazione di
lavoro, ma se ne testa l’idoneità con un controllo precedente.
L’ipocrisia sta anche in questo aspetto: che un lavoratore potrebbe
tranquillamente risultare idoneo ma poi fare uso di sostanze subito dopo il
controllo, mettendo a repentaglio l’incolumità dei propri colleghi, che quindi
con questa legge non vengono affatto tutelati.
Il controllo sociale
Del
resto la funzione di questa legge appare chiara: non è, come vogliono far
credere, una legge per la sicurezza sul lavoro, bensì una legge studiata per esercitare, utilizzando l’ambito lavoristico, un
controllo sociale sull’uso di alcool e droghe da parte della popolazione.
Chiariamo: noi non “tifiamo” certo per l’uso di queste sostanze, e siamo
pienamente d’accordo sul fatto che un lavoratore debba guidare un mezzo in
condizioni tali da non mettere a repentaglio l’incolumità dei colleghi e di sé
stesso, ma riteniamo che la lotta alle dipendenze (di ogni tipo) debba
essere fatta non attraverso
mezzi repressivi e di controllo “poliziesco” ma semmai con un attento e
paziente lavoro di prevenzione, informazione, educazione culturale e
sensibilizzazione. E soprattutto non
usando il lavoro come strumento pretestuoso per questo fine.
Il rischio di uno
stigma ingiustificato
In
una Relazione al Parlamento del Dipartimento Governativo Antidroga guidato all’epoca
da Giovanardi (un nome una garanzia…) si afferma che l’allontanamento dalla mansione deve essere deciso anche per il
semplice uso “sporadico e saltuario” di qualsiasi sostanza psicoattiva
(quindi uno spinello ma anche una birra o del vino), mirando non tanto e non
solo ad individuare una inidoneità rispetto alla mansione specifica, quanto
piuttosto a sanzionare un particolare
stile di vita. L’essere allontanati dalla mansione, infatti, pur non
significando il licenziamento, potrebbe comportare anche un danno sul piano
retributivo (pensiamo ad esempio all’assegnazione delle estensioni orarie per i
part-time) o l’applicazione di uno stigma ingiustificato, dovuto alla
conoscenza da parte dell’azienda dei risultati delle analisi dei propri
dipendenti.
L’invasività fisica
Oltre
all’invasività della sfera personale privata di cui abbiamo detto sopra,
riteniamo assurda anche l’invasività
fisica che queste analisi comportano. Ad oggi, stando a quanto riferito ai
lavoratori negli incontri che già si tennero circa due anni fa, e alle altre
informazioni che abbiamo (poche, perché come detto hanno deciso di non
volerci incontrare per darci spiegazioni), si prevede infatti che i test
vengano effettuati con l’analisi delle urine prelevate sotto la visione
diretta di un operatore oppure sotto gli “occhi” di una telecamera.
Un trattamento lesivo della dignità personale, una autentica umiliazione basata
sul fastidiosissimo sospetto che il lavoratore/lavoratrice possa presentarsi
con le urine di un’altra persona: incommentabile. In più, sono previste le analisi del sangue con prelievo tramite
ago. Una procedura invasiva e che provoca malesseri a molte persone. Inoltre, pare che le analisi vengano svolte non presso
strutture sicure ed attrezzate ma in una “unità mobile” (un camper?)
direttamente sul luogo di lavoro, quindi senza
alcuna tutela per il lavoratore che eventualmente dovesse presentare reazioni
di malessere o svenimenti all’atto del prelievo.
Categorie escluse
Un
altro aspetto che valutiamo negativamente è quello relativo all’individuazione
delle categorie coinvolte. Sono analisi che non devono sostenere, per
fare solo alcuni esempi: le forze dell’ordine (con enormi responsabilità sulla
sicurezza dei cittadini), i parlamentari (che decidono le sorti del paese), gli
insegnanti (che hanno in mano l’educazione di bambini e studenti), i medici
(che curano le persone), gli stessi dirigenti della nostra azienda (che hanno
responsabilità su migliaia di dipendenti). E
dobbiamo farle noi che guidiamo dei modestissimi mezzi elettrici (lo stile
della cui guida tra l’altro non è quasi mai causa di infortuni nel nostro
settore) ben chiusi dentro i magazzini.
Non diciamo che dovrebbero farle anche altre categorie (tutt’altro,
diciamo che non dovremmo farle neanche noi), ma ciò rende bene l’idea di come
questa legge abbia individuato le categorie non in base alle responsabilità
effettive dei lavoratori ma in base al numero dei dipendenti coinvolti (proprio
per l’assurda esigenza di controllo sociale di cui parlavamo sopra), decidendo
miratamente di colpire così in questo modo solo le fasce più basse della
popolazione.
Il ruolo non
riconosciuto
Il
messaggio che in sostanza fornisce questa legge è che la nostra integrità morale e fisica deve essere ineccepibile non solo
mentre lavoriamo (quello sarebbe giusto), ma anche nella nostra vita privata. Neanche
fossimo dei luminari della chirurgia cardiovascolare che operano a cuore aperto
o dei politici che guidano il governo! Non solo noi non abbiamo queste
responsabilità, ma anzi guidiamo dei piccoli mezzi elettrici per stipendi da
1000 euro al mese, o peggio (visto che siamo quasi tutti part-time), per
600-700-800 euro al mese. E non finisce qui: oltretutto il nostro ruolo, questo
grande ruolo di responsabilità (…)
per il quale saremmo costretti a questa odissea
oltremodo invasiva e ad una vita posta perennemente sotto controllo, non ci
è neanche riconosciuto in alcuna maniera, visto che siamo inquadrati come
semplici addetti generici. Ci chiediamo:
è giusto, per un lavoro (o mezzo lavoro, per i part-time) di così basso livello
e di così basso stipendio, dover sopportare un controllo così pesante sui
nostri corpi?
La discrezionalità
dell’azienda
Un
altro aspetto da considerare è che l’azienda non può nascondersi dietro al
fatto che “è una legge, dobbiamo rispettarla, non possiamo farci niente”,
perché in realtà non è così. La
legge in questione infatti, presa alla lettera, non si limiterebbe ai soli
carrelli elevatori, ma a qualsiasi mezzo che serve per spostare le merci (anche
transpallets a mano ed elettrici ad esempio), quindi la platea degli
interessati dovrebbe a quel punto essere ancora più allargata. Se ne deduce che
l’azienda ha una discrezionalità
nell’applicazione della legge (visto che ha selezionato lei stessa in
autonomia un campione di “cavie”), e come sta decidendo (intelligentemente,
questo sì) di escludere moltissimi lavoratori dalle analisi, potrebbe andare
oltre ed escludere tutti. Inoltre, questa è una ulteriore prova della totale illogicità di questa legge,
visto che è palesemente assurdo che un posto di lavoro come il nostro (un
ipermercato, non un altoforno!) preveda un numero eventualmente così alto di
controlli.
Le visite aziendali
Ci
chiediamo anche come mai si decida
improvvisamente di controllare guarda caso solo questi aspetti (uso di droghe e
alcool) della vita e del fisico dei lavoratori, e non tutti gli altri parametri.
Se devo essere in grado di guidare un mezzo in condizioni di sicurezza, mi si
dovrebbe ad esempio controllare anche la vista e i riflessi. Senza contare
il fatto che, dopo 10 anni di lavoro anche pesante nel magazzino
dell’ipermercato, un’azienda che tiene ai propri dipendenti dovrebbe verificare
(con visite periodiche e globali) lo stato di salute complessivo del
lavoratore/lavoratrice. Altrimenti più che Servizio Protezione e
Prevenzione (che dovrebbe andare a vantaggio dei lavoratori) sembra solo un
servizio di Controllo e Repressione tramite visite mirate e concentrate in
maniera ossessiva solo sulla questione droghe/alcool.
Il dibattito
nazionale
Teniamo
a precisare che non siamo certo gli
unici che avanzano obiezioni ed osservazioni critiche sull’argomento (ma
anche se lo fossimo, non cambierebbe la sostanza dei nostri ragionamenti),
visto che quando la legge uscì, partì subito un dibattito a livello nazionale
(è possibile trovarne notizie in rete) in cui una parte consistente degli
operatori del mondo del lavoro e di diverse organizzazioni sindacali ne
sottolineava gli aspetti controversi e contraddittori. Noi riteniamo che le
leggi ingiuste debbano essere cambiate, anche e soprattutto con il contributo
di chi gli effetti di tali leggi li subisce sulla propria persona e, in questo caso,
direttamente sul proprio corpo.
Rsu Usb Ipercoop
Livorno – 25 gennaio 2014