Unicoop
Tirreno canta vittoria per l’esito dello sciopero di ieri, ma come in altre
occasioni, omette alcune verità. Le diciamo noi.
1- I numeri. L’adesione allo
sciopero, considerando (come deve essere fatto) l’ipermercato nel suo
complesso, è stata del 50% e non del 30% come sostiene l’azienda. Questo 50% è
il risultato dell’adesione pressoché totale in alcuni reparti (anche molto
numerosi come il Food), di un’adesione media in altri, e di una adesione
effettivamente nulla o quasi in altri ancora.
2- Il voto delle
assemblee. Siccome
noi non ci nascondiamo dalla realtà per come è veramente, riconosciamo
che partivamo da un voto nelle assemblee pari all’80% di favorevoli allo
sciopero, quindi in questo senso il risultato non è stato in linea con le
nostre aspettative. Rispetto alle assemblee è mancato un 30% di adesioni,
che è quello che solitamente fa la differenza. Tanti lavoratori che lunedì
avevano votato a favore dello sciopero, poi non hanno aderito, cosa mai
accaduta nelle tre precedenti occasioni dal 2008 al 2011 nelle quali avevamo
sempre chiuso l’ipermercato per sciopero, e quindi non calcolabile. Ovvio
comunque che, su questa mancanza, dovremo sicuramente porci delle domande.
3- La copertura dei
disagi. I
disagi (dovuti come detto all’adesione massiccia in alcuni reparti) sono stati tamponati
grazie agli “stakanovisti dell’antisciopero”: raddoppio dei turni, orari
cambiati (e turnari che poi spariscono per nascondere le prove), persone
richiamate da riposi/ferie e da altri negozi dove erano in formazione, cambi di
reparto, straordinari, e perfino personale amministrativo fornito della divisa
e reinventato come addetto al caricamento massivo. Scene che abbiamo visto
durante i nostri presidi lungo tutta la giornata di sciopero, innegabili da
parte dell’azienda in quanto sotto gli occhi di tutti. I disagi quindi ci sarebbero
stati eccome, ma sono stati arginati ricorrendo a “rimedi” eticamente molto
gravi (di questo si tratta quando si parla di lavoro straordinario per coprire
gli scioperanti).
4- Le pressioni. Nei due giorni
precedenti allo sciopero, la Direzione aziendale ha messo in atto una campagna
a tappeto convocando a gruppi i dipendenti (soprattutto le cassiere) per dirgli
di non fare sciopero, adducendo argomentazioni anche clamorosamente false
pur di spaventare, come l’ipotesi di mobilità o addirittura di licenziamento.
In passato, queste manovre aziendali avevano spesso avuto l’effetto contrario,
inducendo i lavoratori a scioperare, questa volta è andata diversamente. Non
degnano di dialogo mai i dipendenti, e si accorgono di loro sempre e solo a
ridosso degli scioperi. Emblematico della considerazione che hanno di noi lavoratori.
5- “Non vi
licenziamo”. Nel
cartello di risposta allo sciopero pubblicato sul Tirreno di sabato ed esposto
in grande formato all’ingresso dell’Iper, Unicoop Tirreno dice senza troppi
giri di parole che lo sciopero è ingiusto perché non stanno licenziando
nessuno. Come se in Italia e nel mondo non ci fossero ogni giorno migliaia di
lotte e di scioperi non legati a dei licenziamenti ma a miglioramenti
salariali e di diritti. Invece secondo loro il mondo va così: “non vi
licenziamo, cosa volete di più?”. Arroganza a marchio Coop. L’arroganza di
chi, di fronte a uno sciopero, non ammette l’esistenza di un disagio cercando
di capirne le ragioni ma invece reagisce come se quel disagio non esistesse
neanche.
6- Coop & Cgil. Nell’articolo del
Tirreno di sabato si legge che la Cgil ha “preso le distanze” dallo sciopero, e
il giorno dell’indizione (venerdì) la Cgil del Negozio 1 La Rosa si è
precipitata a scrivere un comunicato contro il nostro sciopero (un sindacato
che corre a rimproverare uno sciopero quando questo è già stato indetto…).
Una santa alleanza, quella Coop-Cgil, indubbiamente potente, contro la
quale comunque in passato abbiamo ottenuto adesioni agli scioperi del 100%.
Questa volta è finita col 50%. Eravamo abituati bene, ma un risultato al di sotto
delle aspettative ogni tanto può succedere.
Un enorme
ringraziamento a tutte le colleghe e i colleghi che hanno partecipato allo
sciopero e al presidio durante la giornata di ieri.
Rsu Usb Ipercoop
Livorno – 13 aprile 2014
Vorrei dire una cosa, non siamo delle sprovvedute o delle ignoranti che cambiamo idea a seconda di chi ci parla. Ascoltare 2 campane è sempre meglio che una e personalmente,anche se condivido tutte le ragioni dello sciopero,in un momento come questo una forma diversa di protesta sarebbe stata meglio.Per quanto riguarda il coprire il lavoro di chi ha scioperato rinunciando a un giorno di paga,sono d'accordo,questa èuna vergogna.
RispondiElimina1- Bastava astenersi alla votazione, se si voleva aspettare di sentire anche l'altra campana.
RispondiElimina2- Una diversa forma di protesta efficace come lo sciopero non esiste.
Ora io dico, ma non ve ne accorgete che scioperano tutti?
RispondiEliminaBasta stare nel mondo reale tutti i giorni per vederlo. Oggi si imbatte in uno sciopero un genitore alla scuola del figlio, domani un pendolare trova uno sciopero dei treni o degli autobus, dopodomani è sciopero in banca o alle poste. Tutte categorie tra l'altro (insegnanti, bancari, trasporti, poste) che sicuramente guadagnano almeno il doppio di un part-time dell'Ipercoop, forse anche il triplo, ma che giustamente scioperano per giuste rivendicazioni.
Poi succede che scioperiamo noi, a 600-700 euro al mese da 11 anni, e veniamo trattati da criminali.
Cosa vuol dire un'altra forma di protesta? Dovevamo andare sul tetto? Magari in 4-5 (rischiando di essere licenziati) mentre tutti gli altri ci dicevano "bravi" di nascosto ma non si esponevano? Dovevamo fare un simpaticissimo flash-mob di protesta con i palloncini colorati? Dovevamo metterci delle magliette con scritto "sono arrabbiatissimo"?
No, scusate, non funziona così. Saremo impopolari, ma noi le pagliacciate non le facciamo. Lo sciopero è lo strumento sindacale principale, da sempre. Ci sarà un motivo? Con lo sciopero si prende una posizione tutti insieme, non si lascia a protestare un'avanguardia di un piccolo gruppo di persone. Lo sciopero è un baluardo contro la cultura dell'individualismo stile "mors tua, vita mea". È inutile fare tanto i simpatici tra di noi al lavoro se poi siamo pronti a mettercelo in tasca l'uno con l'altro e a non lottare tutti insieme quando è il momento.
E poi anche basta con il discorso "di questi tempi...". Questi tempi sono duri per noi, ed è proprio per questo che dobbiamo difenderci. L'argomentazione antisciopero più infima che viene portata in questi casi è quella del "c'è chi sta peggio". Ci fanno sentire dei privilegiati (600-700 euro al mese, privilegiati...) quando privilegiati non siamo. Perché non dicono che c'è anche chi sta meglio? È il trucco più vecchio del mondo da parte delle aziende, ricordare ai lavoratori che un lavoro ce l'hanno (nel nostro caso, mezzo lavoro) e che si devono accontentare. Che lo faccia un'azienda ok, ma che un lavoratore (o peggio, un sindacato) ci caschi, è normale?
Se per l'azienda il nostro futuro è la formula eternamente precaria "part-time + (quando loro hanno bisogno) straordinari", troveranno sempre l'Usb ad opporsi.
Scusate lo sfogo.
Ci puoi fare un esempio di altra forma di protesta?
EliminaAllora saremo tutte incapaci di decidere..
RispondiElimina"Allora saremo tutti incapaci di decidere..."
EliminaScusa ma che risposta è?? Ti ripeto, mi puoi fare un esempio di altra forma di protesta?
Quandi si combatte una guerra e' sempre bene sapere di avere un esercito alle spalle,tutte le aziende hanno usato e useranno sempre tutti imezzi ( anche scorretti e non etici) per far fallire ogni fprma do rovendicazione dei lavoratori,ora poi che npn abbiamo piu' una sponda politica nelle istituzioni e il governo renzi si prepara a finire la demolizione del mondo del lavoro col benestare dei potere economico e finanziario eurpeo.e purtroppo i lavoratori continuano a non vederlo.ognuno con le proprie convinzioni e rappresentanza sindacale, e che abbia davvero a cuore la sorte e le condizioni di vita dei lavoratori deve continuare a lottare..
RispondiEliminaVorrei tornare a riflettere su quanto accennato da Diego in merito alla cultura dell’individualismo stile “mors tua, vita mea”, credo che il punto sia esattamente questo.
RispondiEliminaOgni lavoratore/lavoratrice - perfettamente in grado di prendere le proprie decisioni e assumersi le proprie responsabilità - sabato scorso ha deciso se aderire o meno allo sciopero, forma di protesta sindacale civile, democratica e collettiva – a mio avviso- insostituibile.
Il “divide et impera” è da sempre stato l’obiettivo di chi detiene il potere, e l’errore più grande sarebbe quello di cadere in questa trappola.
Il mio pensiero in questo momento va a coloro che – chiamati dall’azienda - si sono prestati a “tamponare i disagi” che lo sciopero avrebbe potuto creare , la considerazione più naturale – ovviamente– è che in questo modo ci siamo trovati di fronte al trionfo della cultura dell’individualismo di cui parlava Diego ed in effetti è così, ma vorrei portare alla luce anche un’altra questione e su questa invitare ad una riflessione.
Credo infatti sia necessario porre l’attenzione su un altro aspetto: il disporsi di tutta la persona a diventare mero strumento di lavoro può assumere il carattere di “prestazione” pienamente volontaria e consensuale, ma di fatto è una forma di autosfruttamento, forma- a mio avviso- ancor più pericolosa dello sfruttamento ad opera di altri.
Forse dovremmo cominciare o ri-cominciare a pensarci come persone prima che come “mezzi di lavoro” e da qui ripartire per stabilire relazioni più spontanee e più sincere che permettano una maggiore coesione.
Grazie, bellissimo contributo. Che potrebbe essere riassunto con due parole (molto più profonde di quanto appaiano) di Vittorio Arrigoni, che personalmente ritengo un concetto guida per il mio agire nella vita: "Restiamo umani".
Elimina"Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
EliminaQualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa.
Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come… più di sé stesso.
Era come… due persone in una.
Da una parte la personale fatica quotidiana e dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti.
Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due.
Da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente
lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo."
Illuminante come sempre...grazie Signor G.!!!!!
Vero
Citazioni ce n'è??!!
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